Caspiterina gente! Finalmente! Ero lì a dire alla solita compagna di merende Libera che gli storici mi annoiavano (è un periodo no per me), che non trovavo niente da leggere che potesse soddisfarmi e quindi mi sarei buttata sul crime, rosa o nero che fosse, quando ho deciso di leggere un romanzo che mi aveva incuriosito da tempo.
Era nato come self con il titolo “Carta bianca” e la Newton Compton lo ha scovato e pubblicato in cartaceo e in ebook.
Ero titubante a iniziarlo, sì, insomma, le self e le new entry italiane mi avevano delusa quasi tutte e quindi mi aspettavo un’altra sòla, e invece… (hai convinto anche me a leggerlo, subito! Despota!)
prezzo cartaceo € 9,90
prezzo ebook € 4,99
Londra 1819.
Valéry Campbell sa di mettere a rischio la propria reputazione, quando si reca nella bisca di Lady Venom, ma deve impedire al padre di giocarsi tutto in una mano di carte. Sir Arthur Campbell però ha già barattato la tenuta di famiglia e, con l’acqua alla gola, tenta di vendere anche la figlia a un losco e ricchissimo libertino, Lord Baxton. Questi non è altri che lo zio di Charles, il figlio del duca di Ragland, anche lui ospite della bisca: è proprio in quest’occasione che Valéry lo rincontra, dopo anni, e scopre di provare qualcosa per lui. Naufragato l’estremo tentativo di ripagare i suoi debiti, Sir Arthur, in un accesso di disperazione, si suicida al tavolo da gioco. Da questo momento in poi la vita di Valéry si complica terribilmente. I trascorsi della sua famiglia non le permettono di sposare Charles e al tempo stesso si trova a lottare con tutte le forze per resistere ai tentativi di seduzione di Lord Baxton, al quale non vuole cedere. Lo scontro tra i due è aperto e dichiarato: ma chi è davvero David Baxton? Quel che Valéry pensa di lui corrisponde a verità?
Esistono uomini disposti a giocarsi la cosa più preziosa che possiedono a una mano di carte. Ed esistono uomini pronti ad accettare la scommessa.
Velonero
Dice di sé: «Sono ligure, il che, di per sé, è un tratto distintivo. Nel mio bagaglio di esperienze ho stivato, ben pigiati, studi classici e una vecchia laurea in sociologia; vi ho infilato tutte le cose che la gente mi ha insegnato in tanto tempo e tanti anni passati dietro a un banco. La cosa che faccio in assoluto peggio è la casalinga, così, per non farmi licenziare dai miei tre datori di lavoro, mio marito e le mie figlie, mi sono messa a scribacchiare cercando di far credere loro che ho dei numeri. E li ho convinti. Ora non mi resta che convincere voi».
Ma che brava questa Il Velo Nero (ma che nome è?) una storia all’apparenza semplice, ma che si dipana a poco a poco rivelando l’intreccio e segreti che non avrei mai immaginato.
Finalmente! Una storia che mi ha incuriosito e soddisfatto, personaggi mai sopra le righe e dialoghi… aaaahhhh… dialoghi ben costruiti e che, a mio parere, sono il cardine del romanzo, infatti l’autrice li usa per mostrarci le situazioni utilizzando il fatidico “Show don’t tell” e non descrivendole. (Sinceramente io non condivido lo stesso tuo entusiasmo, però concordo che questa nuova esordiente non scrive male. Solo che scrivere bene a volte non basta. Ci vuole quel “non so chè” in più per catturare la mia attenzione e portarmi, virtualmente, a vivere la storia con i personaggi.)
A un certo punto mi sono resa conto che l'autrice non mi stava raccontando niente della storia, erano loro, i personaggi, che me la mostravano, con dialoghi, a mio avviso, perfetti. Li ho adorati con le loro ripetizioni. (Non concordo neppure su questo, il ritmo era lento e l'uso strano del PDV mi ha disturbato la lettura e molti dialoghi poco interessanti. Alla fine mica ho capito se è stato un narratore onnisciente o altro tipo di tecnica del PDV.)
Siamo a Londra nel 1819, in pieno Regency e Valery è una giovane aristocratica, bella, intelligente e forte, con un alto senso morale malgrado varie disgrazie dovute al padre, il quale ha perso tutto al gioco.
Inizia qui la storia, con l’incontro scontro che cambierà la vita a Valery. David è un “bad boy” (beh non proprio un ragazzo) affascinante e spietato e riuscirà a irretirla, nonostante lei sia “innamorata” di un altro, Charles il nipote di lui. (Odio dover dire questa cosa, ma lui non è davvero un Bad Boy. È un uomo che si è costruito dal nulla e sa usare il proprio potere, ma non è mai stato il cattivo. Anche se l’ha sempre protetto.) (E lo so che non è un vero bad boy, ma, all’apparenza, si presenta così e nel leggere la storia si capirà il perché. Uff… ma quanto sei pipina!)
Nel Romance storico non vi può più essere nulla di nuovo e i cliché sono d'obbligo, perciò ultimamente qualsiasi autrice o storia leggessi mi annoiava, eppure questo me lo sono letto in un pomeriggio e mi è piaciuto. Tanto.
Signore che bello! Era da tanto che non mi succedeva nel Romance, persino la Lora Leigh ultima uscita mi ha deluso, ma Il Velo Nero (ma insomma, che nome sarà mai questo) è stata una rivelazione. E pensare che alla Vie en Rose era seduta davanti a me e ci ho pure parlato! Senza riconoscerla ovvio! (Eh almeno tu sai che ti è piaciuto tanto... io che scusa ho per averlo chiuso solo all'ultima pagina? Quello che posso dire è che ero curiosa di come avrebbe portato lei a cambiare i propri sentimenti… e non credo che mi abbia deluso la protagonista femminile.)
Cara Il Velo Nero, mi spieghi il perché di questo strano nick? Specialmente quando la Newton Compton ti ha preso sotto contratto con il cartaceo, non sarebbe stato meglio un altro alias o il tuo nome vero?
E, SOPRATTUTTO, perché questo titolo???? Mi sono sforzata, tutta la notte di capire il motivo e ho aspettato fino alla fine della storia questo “fatidico lungo addio”, ma ti giuro, o ho letto un altro libro o all’ebook che ho acquistato manca qualche capitolo, perché io di Addii non ne ho visti!
(Su questo invece concordo in pieno! Almeno il titolo dato in origine aveva un senso… questo invece non lega assolutamente con la storia ed è anche fuorviante. Infatti io temevo non ci fosse un vero lieto fine.) (E meno male che almeno su una cosa concordi!)
Abbiamo quindi chiesto a Il Velo nero di svelarci (aaahh ah ah) l’arcano e lei, gentilissima, ha risposto:
Tre spiegazioni.
La prima a Libera. POV e narrazione:
hai ragionissima, sono una self e anche molto naif, per cui diciamo che in genere uso il pov narratore onnisciente, un pov un po’ particolare, cioè uso il punto di vista di un regista (mi prefiggo l’intento di raccontare un film), per l’esattezza un regista delle Nouvelle Vague che in alcune inquadrature usa la camera a mano per seguire l’attore da vicino per “entrargli dentro”. Questa tecnica è naif come lo sono io, per cui qualsiasi osservazione e consiglio è ben accetto per migliorare. È vero anche che in alcuni punti risulto poco scorrevole e la cosa è resa evidente dal fatto che per la maggior parte della mia narrazione corro, sono poco descrittiva e faccio parlare i personaggi, così si nota di più il contrasto con le parti più lente, che io chiamo “di transizione”.
La seconda, il titolo:
il titolo è una scelta editoriale, il mio non poteva essere usato perché già sfruttato da Luccarelli e Deaver. L’editore ha scelto un titolo che invogliasse un pubblico più ampio, magari maschile, richiamando con la cover atmosfere alla Anna Karenina, con cui nulla ha in comune, però.
Il titolo ha ben poco a che vedere con la trama ma forma un trait d’union con il nome che uso per pubblicare. (Le battute qui si sprecano perché fatale addio e velo nero sono indispensabili per un bel funerale. E ho anche trovato il mio epitaffio: un lungo fatale ultimo addio…)
E qui arriviamo alla terza. Lo pseudonimo:
ho riserve a pubblicare col mio nome rendendolo pubblico, ma non ho trovato un nome alternativo: io sono R.R. e basta!
Così ho lasciato le cose come stavano: il file dei miei romanzi erano custoditi in una cartella criptata che ho chiamato “velonero” la cui password era VeloNero, attaccato e con le due maiuscole. Così sono rimasta VeloNero e ho cercato di farne un marchio, infatti è facilmente memorizzabile, non si confonde con altri nomi, è facile da trovare in internet, è apolide. Questa cosa mi ha aiutato a far decollare il sito e farmi conoscere: è stato vincente.
Comunque è iniziata così:
quando ho cominciato a scrivere, mi son detta: “Sarà meglio stendere un velo pietoso su tutta questa faccenda della scrittura, sì, un bel velo nero!”. Così è nata. Il velo nero sulla testa, come Hathorne (Il velo nero del pastore). Ho riletto quella novella e ho scoperto che l’acerrimo nemico del protagonista è il vicario di Westbury… e a Westbury avevo ambientato il mio primo romanzo… una coincidenza troppo grande per non coglierla.
Infine VeloNero è anche una caratteristica dei miei scritti, velare la verità, creare sorprese.
Grazie ragazze delle bellissime parole. Libera mi ha stupito perché saper scrivere è un gran, gran bel complimento.
Grazie Ragazze! Bellissime parole. L' "intervista doppia" mi ha fatto morire :D . Libera, mi sa tanto che dovrò alzare il tiro per stupirti, ma mi impegnerò, vedrai. Nel frattempo magari ti sfrutto per qualche dritta. Grazie ancore e buona Festa della Repubblica. VeloNero
RispondiEliminaCarissima R.R. o VeloNero che sia, il primo consiglio che mi viene da scriverti è di decidere una tecnica narrativa (con narratore onnisciente o POV dei personaggi [sempre uno alla volta]) e mantenerla per tutto il romanzo. Puoi scegliere in base alla storia, all'ambientazione, all'estro... ma per ogni libro usane una sola.
RispondiEliminaPer il resto continua così che con umiltà e impegno so che arriverai lontano :) anche a stupire me :-P
Kiss
Libera