Carissime, eccoci al consueto incontro con le “nuove penne” oggi vi presentiamo il
lavoro
di Sara Simoni: Il nome dell'angelo.
Questo racconto è forse un pò diverso dalle storie
romantiche che siamo abituate a leggere, e direi che ogni tanto è bello
uscire dagli schemi. Una donna che è costretta a concedersi agli
uomini per poter vivere,ma che questa volta potrebbe aver incontrato
persona diversa. Insomma la ragazza in questione non è certo la solita
eroina, figlia di una buona famiglia e ragazza perbene a cui siamo
abituate!!;)
Come al solito non vi dico altro per non rovinarvi la lettura e dà ufficialmente il via ai commenti!!!!
SereJane
L’uomo
uscì dall’ombra e si avvicinò con passo felpato. Sotto le luci
artificiali dei lampioni vicino al Cimitero Monumentale lei pareva un
angelo caduto. Non si era ancora accorta del giovane elegante che le si
accostava senza rumore di passi sul marciapiede. Era impegnata a
digitare qualcosa sulla tastiera del suo cellulare.
Erano
settimane che la osservava dal buio della stazione, fumando ogni tanto
una sigaretta, senza osare avvicinarsi. La guardava e se l’imprimeva
nell’anima.
La
ragazza avvertì per prima cosa il suo odore. Un profumo secco,
maschile, che sapeva di uffici, computer e camicie inamidate. Sollevò i
grandi occhi color acquamarina e se lo trovò a pochi centimetri dal
viso.
Lei
non fece una piega. Ormai era abituata ad avere gli uomini accanto,
sempre addosso. Non era più la fanciulla innocente cresciuta nei
dintorni di Mumbai. La sua infanzia le sembrava adesso così lontana che
dubitava di averla mai vissuta.
L’uomo
dovette reprimere l’istinto di accarezzarle il viso dorato, seguire con
la punta delle dita la linea arcuata delle sopracciglia, assecondare il
disegno delle labbra. Un angelo a cui avevano strappato le ali, ecco a
cosa assomigliava. – Come ti chiami? – le domandò.
La
ragazza si lasciò colpire dalle vibrazioni dolci e profonde della voce
dello sconosciuto. Il suo corpo, anestetizzato dal dolore e dalla
violenza, pure rispose al richiamo e fu percorso da un brivido delicato.
Lei deglutì. – Angel – rispose, come le avevano insegnato i suoi
padroni.
L’uomo
scosse la testa e la luce dei lampioni riverberò sui capelli biondi. –
Non voglio sapere il nome che dici a tutti. Dimmi il tuo nome vero,
quello che non sa nessuno. Quello che hai giurato di rivelare solo a chi
lo merita.
Una smorfia amara. – E come posso essere sicura che tu lo meriti?
– Perché sono l’unico cui interessa.
La
ragazza si incupì. C’era qualcosa di strano in quest’uomo ben vestito
che si era avvicinato dicendo assurdità. Non era come quelli che di
solito si accostavano chiedendole quanto voleva senza nemmeno guardarla
in faccia. E questo le faceva ancora più paura. – Tu non sai niente di
me – ribatté, circondandosi il corpo con le braccia.
– Ti ho osservata. Più a lungo di quanto pensi.
Lei
gli rivolse un’occhiata obliqua con le magnifiche iridi color pietra
preziosa. – Sei un maniaco? Uno di quei serial killer da romanzetti? Se
devi uccidermi fai in fretta, allora. Io non ne posso più di questa vita
– concluse, accendendosi una sigaretta tra le labbra.
L’uomo
le tolse la sigaretta con un gesto gentile e al suo sguardo sorpreso
rispose con un sorriso ambiguo. – A me non basta la tua morte, angelo.
Come
una morsa mortale, gli occhi azzurro ghiaccio dello sconosciuto
imprigionarono quelli della ragazza. Una tempesta le afferrò il cuore,
lasciandola frastornata. Poteva avvertire il fiato dell’uomo sulla
propria pelle, ed era un’irresistibile miscuglio di tabacco e di salvia.
Il corpo della ragazza avvampò, incendiato da qualcosa che lei credeva
di aver perduto per sempre.
Quando le tremò a fior di labbra, la sua voce era roca e sensuale. – Cosa vuoi, allora, straniero?
Questa
volta lui non riuscì più a trattenersi e una delle sue mani scivolò
fino al viso della ragazza, sfiorandole una guancia. La sua pelle
fremeva di una tensione quasi elettrica. – Te l’ho detto – le bisbigliò,
chinandosi fino ad accarezzarle un orecchio con le labbra. – Voglio
sapere il tuo nome. Quello vero.
Una
paura senza nome, veleno che dava dipendenza più della droga.
Prigioniera di uno sguardo, conquistata da una voce, la ragazza odiava
sentirsi così indifesa, in balia del proprio cuore martellante. Certo
che era tanto tempo che non lo sentiva battere così forte dentro al
petto. Sbatté le palpebre, ma ormai era presa nell’incanto e non poté
fare a meno di sussurrare: – Mia madre mi chiamava Khali.
Lo sconosciuto le passò il pollice su uno zigomo. – È un nome bellissimo.
Khali
ansimò. Già, sua madre. Per quanto tempo l’aveva rimossa dai propri
ricordi? Eppure era sempre rimasta qui, in agguato, pronta a
ribattezzarla di nuovo con il suo vero nome. E per farla tornare era
servito il richiamo di quest’uomo strano.
La
voce della ragazza era un sussurro impercettibile nella notte di
Milano. – Dovrai pagarmi bene, per questo. Già sono cara. Se mi hai
osservato a lungo lo sai, immagino. Ma questo vale ancora di più, sai.
Non te la caverai con cinquecento, come tutti gli altri.
La
mano dello sconosciuto scese e le sfiorò la nuca, giocando con i suoi
capelli neri. Il suo viso era paurosamente vicino. – Ti voglio dare la
mia vita. Non ti basta? – le disse, chiudendole la bocca con un morbido
bacio.
Sara Simoni
Ho appena letto "Il nome dell'angelo" e...
RispondiEliminaNon è un racconto, é una foto. E' difficilissimo descrivere un'atmosferea in così poco spazio...
Mario Guerrini
Si, un fotogramma, un frammento di un tutto più ampio e probabilmente molto variegato. Mi piacerebbe leggere di più, così com'è ora mi suscita molta curiosità. Mi pare anche scritto piuttosto bene....
RispondiEliminaCiao
Lucilla
Ciao:) il racconto seppur breve, è scritto molto bene e in modo coinciso, oltretutto incuriosisce molto. E' logico che si tratta solo di un piccolo estratto di un progetto più grande. brava Sara:)
RispondiElimina°§Morgen.
L'autrice ha descritto con grande delicatezza un momento particolarissimo, si percepiscono da un lato tenerezza e rispetto, disillusione che si trasforma in speranza e forse fiducia dall'altro: lo trovo molto coinvolgente e spero che la storia ci venga raccontata in seguito!Bravissima!
RispondiEliminaUn'intensità dolorosa e disillusa...davvero questo racconto è come un fermo immagine di rare efficacia.
RispondiEliminaPatrizia
Racconto molto commovente che andrebbe sviluppato in una cornice più ampia. Purtroppo il limite delle battute non permette di farlo ed è un peccato. Da un punto di vista stilistico ho notato che c'è un po' di confusione col POV (o PDV): si passa sovente da quello di lei a quello di lui. A parte questo, è scritto molto bene. Complimenti!
RispondiEliminaGrazie a tutte per aver espresso un'opinione =) In effetti mi rendo conto che lo spostamento frequente del punto di vista è un mio difetto... cercherò di sistemare questo aspetto ;)
RispondiEliminaSara
Secondo me non è un difetto... E' un modo di scrivere "cinematografico", sposti continuamente l'inquadratura, un primo piano, da un personaggio all'altro. Tecnica utilizzatissima nel cinema e in TV, un po' meno in letteratura ma comunque efficace. Se mi permetti un consiglio, non cambiarla, raffinala.
RispondiEliminaMario
Bel racconto breve, soggetto molto particolare ma inquadrato alla perfezione nei particolari dei due personaggi. Se penso alla realtà forse poco credibile ma, per fortuna, questo spesso ha poca importanza nella scrittura che permette anche di distaccarsi dal quotidiano indossando gli occhiali rosa :)
RispondiEliminaAnch'io ho notato alcune imperfezioni e qualche ripetizione, ma tutte cose migliorabili senz'altro. Buona scrittura Sara e complimenti!